Il progetto di interventi di arte contemporanea nella Limonaia Grande di Boboli prosegue con una nuova installazione site-specific di Domenico Bianchi. Si tratta di un’opera monumentale di circa 90 metri composta da immagini e dipinti realizzati con diversi materiali. Il titolo Sidereus si riferisce al “Sidereus Nuncius”, il famoso trattato scientifico di Galileo Galilei. L’orizzonte celeste, l’universo più lontano, la “musica” e la luce delle stelle hanno ispirato il progetto di Domenico Bianchi.
Ideato e curato da Sergio Risaliti, il progetto è stato realizzato in collaborazione con la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, la Direzione del Giardino di Boboli e organizzato da Once Extraordinary Events.
Il concetto
Sidereus è una composizione monumentale di immagini e opere che occupa la parte interna della Limonaia. Dà la sensazione di immensa vastità, sublime profondità, infinita varietà e prescritta regolarità. Domenico Bianchi collocò anche una panchina nel giardino antistante, stabilendo un legame tra la contemplazione dell’arte, il cosmo e il godimento della natura. Le panchine arricchite da intarsi marmorei richiamano il legame tra le geometrie astratte della pittura e delle arti decorative, la musica terrena e l’armonia celeste, la conoscenza del micro e del macrocosmo.
Domenico Bianchi ha immaginato una serie di opere esplicitamente collocate all’interno della Limonaia, edificio progettato dall’architetto Zanobi del Rosso nel 1778. L’installazione comprende un vasto fregio, un orizzonte continuo di sfere, vortici stellari dai disegni variegati disposti regolarmente in file parallele, e quindici dipinti realizzati su legno o cera con inserti in argento-palladio.
Il titolo ‘Sidereus’ deriva dal famoso trattato scientifico di Galileo Galilei, di cui nel 2014 si è celebrato il 450° compleanno (Pisa, 15 febbraio 1564). Qui è presente un pensiero intrinseco alla filosofia dei simboli: Ermetismo e platonismo. È un omaggio alla nuova scienza di Galileo e al costante desiderio dell’uomo di confrontarsi con l’immaginario interiore delle forme e degli archetipi, con la geometria del cosmo e l’infinita varietà di mondi tra visibile e invisibile, tra vicino e lontano.
L’artista
L’arte di Bianchi, esposta tra il 1985 e il 1987, utilizza segni scolpiti e gesso per rappresentare materiali nobili e intarsi in marmo. Dal 1989 ha esplorato l’uso della tecnologia informatica per trasformare disegni 2D in forme sferiche. Nel 1992 partecipa alla III Biennale di Istanbul e alla collettiva Terrae Motus, organizzata da Lucio Amelio alla Reggia di Caserta. Da allora sono seguite mostre internazionali, tra cui la Biennale di Venezia e Minimalia. Le sue opere sono presenti in prestigiose collezioni pubbliche e private, tra cui lo Stedelijk Museum di Amsterdam, il Castello di Rivoli, il Macro di Roma e la Collezione Olnick-Spanu. L’arte di Bianchi mira a preservare la memoria storica e artistica, a privilegiare i processi manuali e lenti rispetto alla produzione di massa, a sostenere l’unicità e il simbolismo. Il suo lavoro cerca di unificare il microcosmo con il macrocosmo e il finito con l’infinito.